Il digitale come materiale: ARTE NFT

A inizio marzo l’artista Beeple ha venduto presso la casa d’aste Christie’s l’opera Everydays: the first 500 days a più di 69 milioni di dollari, sotto forma di NFT: segnando una svolta significativa che sta modificando il sistema dell’arte a una velocità impressionante. Un non-fungible token si presenta come un’informazione digitale registrata attraverso il sistema della blockchain,  un insieme di tecnologie sotto forma di catene di blocchi contenenti le transazioni, che associa a un individuo un determinato diritto su un bene materiale o immateriale. Nonostante il loro potenziale si sia guadagnato da poco l’attenzione pubblica, gli NFT esistono dalla metà del decennio scorso e iniziano a essere argomento di discussione già nel 2017.

Noi di Anabasi abbiamo intervistato Sona Belfiore, curatrice alle prese con gli NFTs, e Alessandro Manfrin, artista: entrambi hanno lavorato alla mostra presso la galleria/piattaforma newyorkese Snark.art, creata nel 2015, che si pone a cavallo tra il mondo digitale e non avvalendosi della tecnologia blockchain, promuove ora la sua prima mostra digitale Travel Diary, che conta solo opere digitali in formato JPG, GIF, MP4. L’esposizione non ha avuto luogo fisico ma è fruibile solo attraverso la realtà virtuale e interattiva di Decentraland, nell’Oval Galery e visibile a questo link.

VM Come sei entrata a contatto con il mondo degli NFT’s e con la realtà, piuttosto lungimirante, di Snark.art? Ci spieghi meglio come funzionano?

SB Sono entrata in contatto con Snark.art circa un anno fa e grazie a loro mi sono avvicinata al mondo degli NFTs. Molti degli artisti seguiti da Snark.art arrivano da un percorso ‘tradizionale’. I token possono essere fungibili, il che significa che non sono unici e possono essere scambiati, proprio come il Bitcoin, oppure possono essere non fungibili; in quest’ultimo caso sono unici e non possono essere scambiati con un altro token. Quando compri un NFT, stai comprando un token e l’opera d’arte a esso collegata. L’acquisto del NFT, registrato sulla blockchain, fornisce una registrazione permanente.

VM Quali sono state le tue priorità nella scelta degli artisti? Qual è, oltre al loro formato molto simile, il fil rouge che connette tra loro i vari lavori?

SB Ho proposto questa collaborazione ad artisti con i quali ho già avuto modo di collaborare in passato, artisti italiani under 35. Ho pensato che per loro potesse essere un’occasione di sperimentazione e visibilità, soprattutto in un periodo come questo. Ogni lavoro scelto racconta una storia o un viaggio… La mostra si snoda in più direzioni, come degli appunti di viaggio.

VM Ci racconti il tuo lavoro per Travel Diary e come è stato “spostare” la tua ricerca e svilupparla in una nuova modalità a te completamente estranea?

AM Le immagini e il video che sono stati esposti nella mostra sono nati come naturali effetti collaterali di ciò che faccio solitamente quando lavoro. A eccezione del video, prodotto esclusivamente per la mostra, le quattro immagini sono da considerare come appunti visivi di lavori precedenti, il cui soggetto principale rimane la flora urbana in diverse sue forme.
Inoltre pensare a una mostra che si sviluppa interamente su piattaforme virtuali mi ha permesso di giocare ulteriormente sul confine percettivo tra naturale e digitale. Solitamente il mio lavorio si concentra sullo stratificare e post-produrre immagini che nascono come digitali per poi trasformarsi in sculture o collage fisici: nel caso delle opere esposte in Travel Diary è come se il lavoro si fosse fermato allo stadio precedente, rimanendo in una dimensione digitale.

VM Come è cambiato il tuo ruolo di curatrice nel lavorare a Travel Diary, considerando il fatto che l’esposizione non ha un luogo fisico?

SB Mentre per la parte preliminare di ricerca e dialogo con gli artisti ho seguito la stessa processualità che utilizzo per mostre e progetti tradizionali, la scelta e l’allestimento delle opere sono state invece nuove avventure! La sfida è stata quella di selezionare, insieme agli artisti, delle opere per un contesto e un pubblico diverso nonché immaginarle all’interno di un mondo nuovo… È stato elettrizzante!

VM Come te, chi ha partecipato alla collettiva ha avuto l’occasione di sperimentare, siete riusciti a vendere quasi tutti i vostri prodotti artistici e avete goduto di una certa visibilità: sono grandi opportunità per degli artisti cosi giovani! Come hai vissuto il confronto con gli altri ragazzi?

AM Sicuramente la mostra Travel Diary ha avuto una grande risonanza, le novità dell’esposizione hanno incuriosito artisti, collezionisti e gallerie. Il lavoro a distanza è stato sempre mediato dalla curatrice della mostra Sonia Belfiore che ha costruito delle connessioni naturali e nutrienti tra noi artisti invitati e a proporre un viaggio che mischia immaginari eterogenei ma complementari.

VM Alessandro, tu arrivi da un tipo di ricerca che includeva già l’uso di media digitali, pensi in futuro di avvicinarti ancora di più alla crypto art?

AM Credo che il digitale vada pensato come materia e non come media. Pensare al digitale come materia/materiale comporta doversi porre una serie di questioni quali la durata nel tempo, il mantenimento, i propri precipitati culturali, l’usura di esso ecc. esattamente come si farebbe nel caso si lavorasse con il marmo o con la ceramica. In questa mostra la vera differenza l’ha fatta la fruizione dei lavori esclusivamente virtuale. Rispetto alla questione della crypto art credo possa essere una possibilità che si aggiunge alle altre ma rimango affezionato a un’idea più fisica di arte.

VM Che cosa distingue la fruizione sulla piattaforma Decentreland rispetto a una mostra digitale, ad esempio le moltissime viewing room dell’ultimo anno? Credi che questo formato sia affiancabile a quello più tradizionale?

SB Credo che, a differenza delle mostre e progetti traslati sul digitale attraverso virtual tour, mondi virtuali come Decentraland conferiscano una dimensione più ludica alla fruizione. La piattaforma infatti è simile alle dinamiche del gaming, devi creare il tuo avatar, trovare il distretto dei musei e interagire con le opere. Penso che questa modalità potrebbe affiancare programmazioni fisiche di gallerie, musei e istituzioni: ci sono già alcuni esempi come König Galerie e NABA Milano.

VM Come funziona esattamente la vendita attraverso la blockchain? La crypto art sta segnando una svolta del collezionismo, in un universo già fortemente condizionato dalle leggi economiche e del guadagno come quello dell’arte, il non-possesso fisico dell’opera non rischia di trasformare l’acquisto in un atto puramente speculativo?

SB La blockchain permette di tracciare ogni singola transizione dell’opera, di definirne con certezza la paternità, il costo e l’acquirente. Per vendere il proprio lavoro come NFTs un artista deve registrarsi su un marketplace, inserire il lavoro e le relative informazioni e infine pagarne il processo di  tokenizzazione. La crypto art è connotata da un trading più veloce rispetto a quello del sistema dell’arte a cui siamo abituati, ma tutto si sta evolvendo velocemente anche grazie all’ingresso di alcuni grandi player del settore (come Damien Hirst o Ursh Fischer) nel mondo crypto… Staremo a vedere!

VM Spesso gli artisti visivi, soprattutto emergenti, vengono poco tutelati quando si tratta di vendere i propri lavori, in che modo gli NFTs garantiscono una transizione più sicura e in generale cosa cambia per l’autore del lavoro?

SB Gli NFTs, proprio perché vivono nella blockchain, registrano l’intero storico della loro vita. Dal nome del creatore, al valore dell’opera, a tutti i vari trasferimenti di proprietà. Questo sistema rende chiaramente verificabile sia l’autorialità che la proprietà dell’opera, aspetti difficili da comprovare soprattutto per l’arte digitale.

VM Produrre un NFT è parecchio dispendioso in termini energetici e di conseguenza ambientali, esistono degli studi per apportare delle migliorie al sistema?

SB È un tema giustamente molto discusso nel mondo crypto, la controversia riguarda la cosiddetta ‘carbon footprint’. Questi processi dipendono dalla capacità di calcolo di migliaia di computer la cui energia deriva da fonti fossili, con conseguente emissione di CO2. Una soluzione potrebbe essere, come alcuni artisti stanno già facendo, praticare il carbon offset, ovvero azioni per riassorbire il CO2 dall’atmosfera.

VM In generale la mostra ha ricevuto da parte del pubblico la reazione e l’interesse che vi aspettavate?

AM Il pubblico ha reagito sicuramente con curiosità nei confronti della mostra, complice il fatto che sia una novità e per comprendere a fondo la natura di questa nuova tecnologia credo bisogni aspettare ancora del tempo per vedere i possibili sviluppi. È sicuramente stata un’opportunità per me potermi confrontare con una tecnologia attualmente ai suoi arbori.

L’intervista è stata realizzata da Vittoria Massucco, responsabile e contributor per la newsletter di ANABASI. Per continuare a riceverla, iscriversi QUI.